Invecchia il parco macchine dell’industria Le imprese: gli incentivi diventino strutturali

Investimenti dai big, meno coinvolte le Pmi: l’età media supera i 14 anni Colombo (Ucimu): «Dare tempo alle aziende per fare piani a lungo termine»

LGrandi aziende in corsa, Pmi meno brillanti. Come risultato, l’età media dei macchinari installati nelle aziende metalmeccaniche italiane supera i 14 anni, il massimo di sempre. Più ombre che luci nei risultati della ricerca di Ucimu-Sistemi per produrre, sesta edizione dell’analisi sul parco macchine che arriva a distanza di cinque anni dalla precedente, realizzata alla vigilia dei piani di incentivazione 4.0.

I Bonus hanno sortito certamente effetto, come testimonia il forte progresso degli acquisti pur in presenza di un sistema produttivo in dimagrimento (-3,7% le imprese tra 2011 e 2017), shopping che porta il parco installato presso le aziende dell’area meccanica oltre le 371mila unità, in crescita del 21,6% rispetto al 2014.

Progresso tuttavia non omogeneo ma realizzato soprattutto dalle aziende di maggiori dimensioni, con la quota detenuta dalle Pmi a ridursi di ben sei punti percentuali, mentre per converso cresce il peso dei big. Così, anche per effetto di dismissioni ridotte degli impianti più vetusti, in parte recuperati con operazioni di revamping o retrofitting, l’età media dei macchinari delle fabbriche sale a 14 anni e 5 mesi, quasi due anni oltre quanto descritto dalla rilevazione precedente, il massimo storico.

 

Se è quasi al raddoppio la quota di macchine utensili con un’età superiore ai 20 anni, risultata pari al 48% del totale, va anche registrato un progresso di tre punti, al 16,1% per la quota di macchine recenti, con meno di cinque anni di anzianità.

Quota certamente riconducibile a investimenti in macchine digitalizzate e interconnesse, che documenta quindi l’avvio della transizione hi-tech: balzo in avanti degli impianti a controllo numerico (per la prima volta sono la maggioranza) e raddoppio del peso dei robot (quelli con meno di 5 anni sono ora quasi un terzo del totale), rappresentano in effetti segnali eloquenti nella direzione dell’upgrade produttivo. Che lentamente inizia a coinvolgere anche il Mezzogiorno, la cui quota, comunque ancora pari alla metà della sola Lombardia, sale a ridosso del 14%.

In sintesi, se da un lato le macchine “anziane” sono quasi la metà del parco installato, il livello tecnologico medio è cresciuto grazie ai nuovi investimenti effettuati nell’ultimo periodo, investimenti che riguardano tecnologie dotate di più alti livelli di automazione e integrazione, certamente stimolati dalle misure di incentivo 4.0.

«Dai risultati – commenta Barbara Colombo, presidente di Ucimu-Sistemi per Produrre – emerge la tendenza all’allargamento della forbice tra imprese che investono e crescono in competitività e imprese che restano ferme. I provvedimenti per sostenere l’ammodernamento del parco macchine e per incentivare la transizione 4.0 del manifatturiero del paese hanno prodotto effetti interessanti ma non ancora sufficienti ad assicurare la trasformazione digitale del metalmeccanico. Per questo occorre che le misure attualmente operative, quali il credito di imposta per gli acquisti in nuove macchine tradizionali e con tecnologia 4.0, proseguano oltre il 2022: al Governo chiediamo di rendere queste misure strutturali, così da permettere alle aziende di fare piani di investimento di medio lungo-termine.

Chiediamo anche che sia allungata l’operatività della misura del credito di imposta per la formazione, per assicurare alle imprese un corretto supporto per l’aggiornamento del personale. Solo così gli investimenti in tecnologie di nuova generazione potranno realmente assicurare all’impresa il miglioramento della produttività e l’efficienza necessaria a vincere la sfida della competitività nello scenario internazionale».