Pmi, 45 indici di sostenibilità per avere più accesso al credito

Le Linee guida. In consultazione il documento promosso dal Mef sui report chiamato a misurare i livelli di impegno ambientale, sociale e di governance delle imprese nella transizione verde

Prende forma il cruscotto degli indicatori chiamato a misurare i livelli di responsabilità ambientale, sociale e di governance delle imprese.

A dettagliarlo sono le 85 pagine delle Linee guida sul «dialogo di sostenibilità fra Pmi e Banche» messo in consultazione ieri dal Mef. Il testo nasce da un dialogo già fitto com banche e imprese, che sono però ora possono utilizzare i canali formali per mandare proposte e suggerimenti entro il 2 agosto prossimo .

Il documento, frutto del lavoro del Tavolo per il coordinamento sulla finanza sostenibile presieduto da Stefano Cappiello (direttore generale al Mef della regolamentazione del sistema finanziario) e composto da ministeri di Economia, Ambiente e Imprese, Bankitalia, Consob, Ivass e Covip mette in fila 45 indicatori su cui si potrà fondare la «carta d’identità verde» delle aziende, articolati su cinque filoni che partendo da un’anagrafica con le informazioni generali guardano poi a «mitigazione e adattamento al cambiamento climatico», «ambiente», «società e forza lavoro» e «governance e condotta aziendale». La sostenibilità, insomma, si declina nei classici termini ambientali ma anche nei meccanismi di funzionamento interno delle imprese, in un ambito di analisi che spazia dai consumi energetici e di acqua alle emissioni inquinanti, e non trascura gli investimenti per affrontare il «rischio fisico e di transizione connesso al cambiamento climatico», le coperture assicurative contro le calamità o le quantità di rifiuti pericolosi o radioattivi prodotti nell’anno. Sul terreno della governance aziendale, l’attenzione è richiamata su temi come il divario retributivo medio fra dipendenti uomini e donne, il numero di casi di discriminazione sfociati in sanzioni o provvedimenti definitivi, il livello di tutele della sicurezza nei luoghi di lavoro, l’eventuale adozione di un Codice etico e così via. Il tutto in un’ottica di gradualità e proporzionalità, che prima di tutto distingue i 45 indicatori in due classi di priorità chiedendo alle microimprese di concentrarsi sui 17 parametri etichettati come «priorità 1», quindi più alta.

Il tema della transizione verde e delle azioni di sostenibilità è assai in voga sia nella politica che genera le norme sia nella finanza che spinge i comportamenti. Ma qui non è una questione di mode. Perché il dossier promette di essere parecchio concreto nella generalità degli operatori economici che intrecciano a diversi livelli le varie catene del valore.

Per capirlo occorre dare uno sguardo al contesto più generale in cui si colloca la proposta del Tavolo; un contesto arricchito da un’intensa trama normativa che a livello comunitario poggia sulla direttiva Csrd in corso di recepimento in Italia con un decreto legislativo approvato il 10 giugno e ora all’esame delle Camere. In prima battuta le nuove regole riguardano solo le grandi imprese, ma sono destinate progressivamente ad ampliare il loro raggio d’azione fino a coinvolgere anche tutti i fornitori. Sul terreno bancario i riferimenti sono Basilea 3 e le indicazioni del Pillar III, e un’evoluzione simile si incontra nella finanza non bancaria.

Con queste premesse, le conseguenze operative possono suonare come segue: le esigenze di reporting delle grandi si trasmettono inevitabilmente lungo le catene di fornitura, a cui in modo via via più diffuso saranno richiesti dati e informazioni indispensabili per costruire l’analisi dell’impatto ambientale e sociale dell’attività produttiva. Tutto questo orienterà in misura crescente i comportamenti di mercato e l’accesso al credito, proprio per le regole che investono le banche e il mondo finanziario in genere. Risultato: chi si farà trovare pronto appare destinato, a parità delle altre condizioni, a ottenere un accesso più facile al credito, mentre gli altri rischiano di veder lievitare i costi del finanziamento e in prospettiva anche di andare incontro a forme di razionamento del credito. Non esiste una scadenza fissata da una norma: esistono però dinamiche generali di mercato che si sviluppano in modo più progressivo ma anche molto più cogente di tanti termini scritti nelle leggi.

Fonte: Il Sole24Ore 25 giugno 2024