Aiuti 4.0 fino al 2025 ma dimezzati

Pacchetto imprese. Dal 2023 stop al superammortamento. Il bonus R&S fino al 2031: l’aliquota scende al 10% ma il tetto sale a 5 milioni. Per l’internazionalizzazione 8,2 miliardi fino al 2026. Decontribuzione triennale a chi assume lavoratori di aziende in crisi

ROMA

Il piano di incentivi per l’innovazione tecnologica Transizione 4.0 va avanti, ma fortemente ridimensionato. Il compromesso tra una proroga lunga e l’intensità del beneficio fiscale viene sancito nella legge di bilancio. Il credito d’imposta per i beni strumentali digitali (ex iperammortamento), attualmente in vigore fino al 2022 (con coda al 30 giugno 2023 per consegne con acconto di almeno il 20%) viene prorogato al 2025 (con coda a giugno 2026 per le consegne) nella misura del 20% per investimenti fino a 2,5 milioni, del 10% per la quota tra 2,5 e 10 milioni e del 5% per la quota oltre 10 milioni e comunque fino a 20 milioni. In pratica un dimezzamento rispetto alle aliquote previste per il 2022.

Cambia l’intensità del beneficio, ma gradualmente, anche per i beni immateriali digitali (software incluse soluzioni di cloud computing): fino al 2023, con coda a metà 2024 per le consegne, il credito d’imposta sarà ancora riconosciuto in misura del 20% fino a un tetto di beneficio di 1 milione, ma l’anno successivo si passerà al 15%; nel 2025 e sempre con allungamento al giugno successivo con acconto del 20% si scenderà ancora, al 10%. Non c’è proroga invece per il credito d’imposta per i beni strumentali tradizionali (l’ex superammortamento) la cui stagione, contrassegnata da un alto utilizzo per investimenti in macchinari e veicoli industriali, si chiuderà dunque a giugno 2023.

Prolungamento ancora più lungo per il credito d’imposta per investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione e design, attualmente previsto fino al 2022. Ma anche qui cala l’aliquota, mentre sale il beneficio massimo per impresa: una scelta che sembra avvantaggiare le grandi imprese. In sostanza, il credito d’imposta per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale dal 2023 al 2031 calerà dal 20 al 10%, con limite massimo annuale innalzato però da 4 a 5 milioni di euro. Per le attività di innovazione tecnologica si resterà al 10%, nel limite di 2 milioni, fino al 2023 poi scatta il décalage: 5% nel 2024 e 2025, ultimo anno di agevolazione. Va al 10%, nel 2023, anche la spesa finalizzata a progetti di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 che invece fino al 2022 è agevolata al 15%. Poi anche in questo caso si scenderà al 5% fino al 2025 (ma nell’intero periodo 2023-25 il beneficio massimo viene raddoppiato da 2 a 4 milioni).

C’è infine il credito d’imposta per il design: resterà al 10% entro 2 milioni fino al 2023, per poi scendere al 5% fino al 2025. Il riassetto del piano Transizione 4.0 dello Sviluppo economico (Mise), lanciato ufficialmente come Industria 4.0 e poi sostenuto con un nuovo nome negli anni recenti dall’ex ministro Stefano Patuanelli, è il capitolo centrale sull’industria. Ma c’è anche altro. Il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti incassa il rifinanziamento dell’agevolazione “Nuova Sabatini”, con 180 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, e porta a casa il “Fondo sostegno transizione industria” – 150 milioni a decorrere dal 2022 – per agevolare le imprese ad alta intensità energetica che varano progetti per l’efficientamento energetico, l’economia circolare o la cattura, sequestro e riutilizzo della CO2. Entra anche l’aiuto ai lavoratori delle imprese in crisi. La decontribuzione al 100% (massimo tre anni, nel limite di 6mila euro annui) per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato riservata all’occupazione giovanile viene ora estesa ai lavoratori che, indipendentemente dall’età, provengono da aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi al Mise. In extremis, nella versione definitiva del testo, potrebbero entrare 450 milioni per i contratti di sviluppo.

In materia di internazionalizzazione delle imprese, arriva la stabilizzazione del Fondo 394 gestito da Simest in convenzione con il ministero degli Esteri: 1,5 miliardi l’anno da qui al 2026, più 150 milioni annui nello stesso periodo per il fondo perduto. E ieri intanto è ripartita anche la nuova versione del Fondo, che ha ricevuto oltre 4mila domande di finanziamento per un controvalore superiore ai 600 milioni rispetto agli 1,2 miliardi stanziati dal Recovery plan. Novità anche per la promozione del commercio estero. Sembra uscirne ridimensionato il ruolo dell’Ice, Agenzia per il commercio estero con un potenziamento dei compiti di regia del ministero per gli Affari esteri. Si stabilisce che sarà un decreto degli Esteri, d’intesa con il Mise e con le Politiche agricole, a definire la programmazione triennale delle risorse già destinate all’Ice per il finanziamento dell’attività di promozione, un fondo che viene ora incrementato di 280 milioni fino dal 2025 al 2028 e di 81 milioni a decorrere dal 2029. Viene cancellato il Piano straordinario made in Italy lanciato nel 2014, con gestione affidata proprio all’Ice, e definanziato il fondo per la campagna promozionale per il made in Italy che era istituito presso il Mise e gestito operativamente dall’Ice.

Fonte: Il sole 24 ore