Incentivi fiscali, va verso lo stop l’epoca dei bonus automatici
La pesante eredità psicologica del superbonus, con i suoi macroscopici effetti per i conti pubblici, inizia a condizionare anche la nuova strategia del governo sulle agevolazioni alle imprese. Lo si può leggere nella bozza del Codice degli incentivi che dovrebbe essere esaminato in uno dei prossimi Consigli dei ministri. L’articolo 20 del decreto legislativo – il primo previsto in attuazione della delega per il riordino degli incentivi, una delle riforme del Pnrr – introduce un regime speciale per gli incentivi fiscali con l’effetto di rendere per le imprese obbligatoria la trasmissione di una comunicazione preventiva. In pratica, alla stregua di quanto già accaduto con i crediti d’imposta del piano Transizione 5.0 e con quelli per la Zona economica speciale del Mezzogiorno, i “bonus” sembrano destinati a perdere il loro carattere di automaticità per garantire all’amministrazione finanziaria un più serrato controllo sull’assorbimento delle risorse a copertura.
Ma non basta, perché il soggetto che gestisce l’incentivo (singolo ministero competente o società in-house incaricata, ad esempio) dovrà comunicare al ministero dell’Economia mensilmente, a meno che non sia esplicitamente disposta una cadenza periodica diversa nel bando dell’incentivo, i dati trasmessi dalle imprese, proprio per consentire il monitoraggio della spesa ed evitare scostamenti di bilancio. In particolare, fatta eccezione per gli incentivi fiscali che prevedono comunque un’attività istruttoria di carattere tecnico ed economico (e quindi sono già sottoposti a un filtro), le imprese dovranno comunicare al soggetto gestore l’ammontare complessivo delle spese a fronte delle quali intendono beneficiare delle agevolazioni e la ripartizione negli anni della fruizione.
Non è l’unica novità che le imprese potrebbero interpretare in senso restrittivo. L’articolo 9 della bozza ad esempio, nel disciplinare i motivi di esclusione, prevede espressamente che l’accesso agli incentivi venga precluso per le imprese che non rispetteranno l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per danni da eventi catastrofali, oggetto ancora nei giorni scorsi di un serrato dibattito tra governo e associazioni imprenditoriali sulla data dell’entrata in vigore.
Il riordino in compenso promette alle imprese maggiori certezze e un sistema più efficace. Nel disegno del ministero delle Imprese e del made in Italy, guidato da Adolfo Urso, questo dovrebbe concretizzarsi innanzitutto con una programmazione triennale che privilegi gli incentivi che nell’immediato passato hanno mostrato di funzionare meglio. Ad attestarne la resa dovrà essere un sistema di valutazione in tre fasi: ex ante, in itinere ed ex post. Il Codice, che assembla tutte le disposizioni in vigore in materia di agevolazioni, suggellerà poi il principio di una quota minima delle risorse disponibili per ciascun incentivo a favore delle micro e Pmi, in misura del 60%, di cui almeno il 25% per le micro e piccole imprese. Ci sarà un sistema di premialità basato sul rispetto della parità di genere, l’attribuzione del rating di legalità, l’assunzione di persone con disabilità aggiuntive rispetto agli obblighi previsti, la valorizzazione della quantità e della qualità del lavoro giovanile, del lavoro femminile e del sostegno alla natalità. Rispetto a questi elementi, i bandi dovranno contenere l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo o in alternativa una riserva di quota delle risorse finanziarie oppure l’incremento dell’ammontare delle agevolazioni.
Molto delicato l’equilibrio delle competenze tra ministeri e Regioni. La bozza specifica che la disciplina si applica anche nelle Regioni, «nell’ambito dei rispettivi ordinamenti». Al tempo stesso, in un tentativo di acrobatico equilibrio, il Dlgs precisa che resta ferma l’autonomia delle Regioni, «nell’individuazione di incentivi di propria competenza destinati a specifici interventi rivolti alle particolarità territoriali». In concreto, il difficile coordinamento tra politiche di incentivazione statali e territoriali, con il principale obiettivo di evitare inutili sovrapposizioni, viene affidato a un Tavolo permanente tra amministrazioni centrali e regionali, da convocare almeno due volte all’anno.
Fonte: Il Sole24Ore 03 Ottobre 2024