Piano 5.0 al ralenti, prenotati 99 milioni da 324 imprese

Il bilancio dei primi tre mesi. Le aziende salgono a 480 e i crediti d’imposta a 116 milioni, compresi i progetti in istruttoria. Emendamento per sbloccare il programma portando l’aliquota al 60%

In tre mesi sono stati prenotati crediti d’imposta per 99 milioni, l’1,6% dei 6,23 miliardi di euro disponibili a valere sul Pnrr. Il primo e per certi versi significativo bilancio del piano Transizione 5.0, partito operativamente ad agosto con l’attivazione del portale del Gse (Gestore dei servizi energetici) sul quale le imprese possono caricare i progetti e prenotare i benefici fiscali, non regala risultati confortanti. Proprio per accelerare la tendenza, consapevole del rischio di non centrare i target Ue visto che in assenza di eventuali proroghe gli investimenti vanno chiusi già entro la fine del 2025, il governo sta studiando una robusta correzione. Alle semplificazioni e ai chiarimenti pubblicati dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) con apposite Faq, si abbinerà un emendamento per innalzare le aliquote – fino a un massimo del 60% o almeno del 50%, rispetto all’attuale 45% – e, salvo difficoltà nel negoziato con la Ue, per consentire la cumulabilità degli incentivi con i crediti d’imposta per la Zona economica speciale del Mezzogiorno.

Ricapitolando, il contatore del ministero e del Gse segnala un totale di 99,3 milioni di crediti d’imposta prenotati, confermati o completati da parte di 324 imprese. Se si considerano anche i progetti ancora “in bozza” – in sostanza quelli inviati ma per i quali è ancora in corso la verifica del Gse in merito al corretto caricamento dei dati e alla completezza dei documenti e delle informazioni rese – i numeri cambiano ma senza sconvolgere il bilancio: 115,7 milioni di crediti d’imposta e 480 imprese. Si tratta di numeri sicuramente inferiori alle attese, anche se al Mimit si osserva che c’è comunque un apprezzabile incremento rispetto al primo mese e mezzo e che anche un significativo precedente storico, il superbonus del 110% in edilizia, era partito lentamente per poi esplodere (anche troppo per i conti pubblici). La complessità dei vincoli e delle procedure per la redazione dei progetti, imposta dai paletti europei, sta comunque pesando.

Di chiarimenti ne sono stati forniti diversi in questi mesi ma per invertire il trend il ministero guidato da Adolfo Urso sa che occorre agire soprattutto su aliquote e tetti di investimento. Il Mimit ha lavorato a uno schema che, con opportune riformulazioni, potrebbe confluire in un emendamento a firma Matteo Gelmetti (Fratelli d’Italia) al decreto fiscale all’esame della commissione Bilancio del Senato. Un pacchetto di novità che scatterebbero retroattivamente a partire dal 1° gennaio 2024. Per tutti i progetti gli scaglioni di investimento si ridurrebbero a due: fino a 10 milioni e oltre i 10 e fino a 50 milioni, con l’obiettivo di premiare di più gli investimenti più piccoli che invece oggi finirebbero per essere attratti soprattutto dal piano Transizione 4.0. Le aliquote sarebbero del 50% (fino a 10 milioni) e del 15% (oltre 10 milioni) nella prima categoria di risparmio energetico. Poi, all’aumentare dell’efficienza energetica, si andrebbe a 55% e 20%. E infine, nella classe energetica top, si arriverebbe rispettivamente al 60% e 25%. Tuttavia le aliquote andranno confermate dopo la probabile riformulazione e lo stesso discorso vale per un’altra novità dell’emendamento, cioè la possibilità di cumulare il bonus 5.0 con i crediti d’imposta per gli investimenti nella Zes al Sud. Il piano correttivo del governo va anche oltre e aumenta la maggiorazione già prevista per i pannelli fotovoltaici. Attualmente l’investimento in piani che comprendono i moduli fotovoltaici delle due categorie a maggiore efficienza concorre a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari, in base al tipo di prodotto, al 120% o al 140% del loro costo. Ora il Mimit, intende aumentare queste maggiorazioni rispettivamente al 140% e 150% e, inoltre, per evitare che gli acquisti si concentrino soprattutto sui pannelli made in China, punta ad introdurre un superincentivo (maggiorazione al 130%) anche per la categoria dei moduli fotovoltaici che sono sotto di un gradino per efficienza energetica, perché è proprio la tipologia in cui sono maggiormente presenti prodotti interamente made in Europe.

Nel correttivo, inoltre, entrerebbe la possibilità per le Esco (Energy service company) di ottenere il credito d’imposta per i progetti di innovazione effettuati presso l’azienda.

Fonte: Il Sole24Ore 13 Novembre 2024